Una manciata di ore di aereo ci separa da questo fazzoletto di mondo collocato di fronte al Senegal, ancora poco noto al turismo di massa. Siamo in Africa, ma non quella dei Safari, dei deserti infiniti, delle tribù. Un’Africa diversa, quella che fa parte della cosiddetta “Macaronesia”. Un luogo magico tanto che, nell’antichità, le attuali isole di Capo Verde venivano considerate addirittura i resti di Atlantide; per greci e romani erano la dimora di divinità, mostri e creature mitiche.
Storia e natura
È quasi certo che il primo ad approdare su queste isole sia stato Alvise Cadamosto, un navigatore e mercante di schiavi veneziano, che esplorava l’Atlantico e le coste africane su mandato del Principe del Portogallo Enrico di Aviz, detto “Enrico il Navigatore”.
Boa Vista è un’isola aspra ed arida, battuta dalle onde roboanti dell’oceano, spazzata dai venti che la rendono lo spot ideale per tutti gli amanti di surf e kite surf. Fare il bagno non è sempre possibile proprio a causa di questi fenomeni, ma le spiagge sono bellissime, alcune bianchissime, come Praia de Chaves, una distesa candida che lambisce il fragore del mare, situata nella parte occidentale dell’isola, vicino alla città di Rabil.
Non c’è quasi niente qui, soltanto l’infinito di fronte e qualche tartaruga marina che fa capolino dall’acqua e proprio in questo risiede la sua selvaggia bellezza. Se la vostra passione sono le tartarughe, sappiate che nidificano soprattutto presso la spiaggia di Ervatão, incastonata in una grande baia nel sud-est dell’isola, dove la deposizione delle uova è controllata da marzo a ottobre dai locali!
L’Africa dove il tempo si è fermato…
L’isola non è molto antropizzata. Ci sono pochissimi, microscopici villaggi collegati da strade improvvisate, dove il tempo sembra essersi fermato, dove la vita scorre in modo lento e sonnolento, dove gli abitanti (soprattutto i bambini!) guardano i turisti con curiosità ed un po’ di stupore.
È il caso di Fundo Das Figueiras, un villaggio con tante piccole casette colorate, dove c’è un “ristorantino” che serve piatti tipici della cucina locale come ad esempio il “gizado”. Si tratta di uno stufato di carne (maiale o manzo tagliato a cubetti), prima marinata, poi cotta con verdure (patate bianche e dolci, radici di manioca e banane verdi).
Piccola parentesi sul cibo e le tradizioni gastronomiche!
Restando in ambito culinario, molto diffuse sono le zuppe. C’è la canja, di riso e pollo, o il caldo de peixe, fatta di pesce (merluzzo o spigola), patate, peperoni, pomodoro, cipolle e scalogno. E lo stufato di polipo con pomodori, aglio, alloro, cipolla e peperoncino.
Il piatto nazionale è il cachupa: il cachupinha semplice a base di mais bollito, fagioli, manioca, patate dolci e aromi e il cachupa rica, con carne, come pollo, costolette di maiale o manzo, salsiccia piccante, pancetta. Il cachupa avanzato viene poi fritto per la colazione con l’aggiunta di uova o salame.
Queste prelibatezze – non le abbiamo assaggiate tutte, ma quelle che abbiamo provato sono davvero buonissime! – vengono accompagnate dal grogue, il liquore nazionale distillato dalla canna da zucchero. Può essere bevuto puro, oppure preparato con aromi di frutta.
Se al grogue si aggiungono miele, cocco o altri aromi si ottiene il ponche (o pontchi), un liquore dal gusto più delicato. La via di mezzo è la coupada, una miscela di grogue e ponche. Fermamente sconsigliato agli astemi, la gradazione alcolica è esorbitante! Per loro meglio provare la Strela, la birra locale.
Il nostro racconto continua qui! Buon viaggio!
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