Sembrano ormai lontani i tempi in cui viaggiare (in analogico!) significava buttarsi a capofitto in una nuova avventura verso l’ignoto, carichi di aspettative per quello che avremmo trovato una volta giunti a destinazione. Viaggiare ci conduceva verso un luogo magico da conquistare attraverso l’immaginazione, le letture, le fotografie ed i sogni personali, che portavano ognuno verso la propria destinazione ideale, non quella scelta della massa.
Oltre tutto quello che si poteva immaginare c’erano l’ignoto, un odore, un profumo, un dettaglio che si svelavano soltanto una volta giunti a destinazione, che rendevano ogni viaggio unico ed irripetibile, speciale, costellato di esperienze che non si immaginavano neanche prima di partire e che ne amplificavano il valore e ne decretavano l’immortalità nella nostra memoria una volta tornati a casa.




Viaggi e social media
Con l’avvento dei social media e del mondo globale, viaggiare assomiglia, più che a un sogno che si svela poco a poco, ad un intervento chirurgico, a qualcosa di asettico, che si è spogliato di qualsiasi emozione per lasciare spazio all’ansia dal like. Il viaggio è ormai frutto di una curiosità morbosa, una curiosità che non è neanche la nostra, ma che è veicolato da altri. Una curiosità non di vedere il luogo in sé, ma piuttosto di vedere quello che hanno già visto gli altri.
È diventato ormai come un binge di informazioni, dove si devono inglobare nel minor tempo possibile più informazioni possibili, con una fastidiosa presunzione di sapere tutto su ogni destinazione e dove niente deve essere lasciato al caso, ma pianificato in ogni minimo dettaglio.
Tutto svelato prima di partire
Tutti sono ormai diventati tuttologi, che osservano il mondo attraverso la fotocamera di un telefono alla ricerca impellente delle mete più Instagrammabili. Non sono più lo stupore, la bellezza, il misticismo, il fascino di una destinazione a far sì che questa venga scelta, ma piuttosto il loro successo è affidato a tutto ciò che si scrolla sui social.
Tutto viene svelato ancor prima di partire, non c’è più nulla da scoprire una volta giunti a destinazione.
Tutto è a portata di un click.


Scegliere il viaggio analogico
In un mondo dove tutto è filtrato attraverso gli schermi, dove si ha la presunzione di conoscere ogni cosa da remoto, mentre invece non si entra in contatto con niente e si ha solo un approccio asettico al mondo, ciò che davvero dovremmo fare per riscoprire l’autenticità del viaggio è scegliere di disconnettersi, di perdersi, di tuffarsi nell’ignoto per meravigliarsi davvero, di una meraviglia reale e non patinata, personale e non suggerita. Perché non si può viaggiare attraverso le immagini, le parole, gli occhi e le emozioni postate dagli altri.
Un viaggio è, in primis, un’esperienza soggettiva ed emozionale una full immersion nella nostra anima, nel nostro io più profondo che grazie adesso si risveglia e vive in un mondo diverso dal proprio in modo autentico. Dobbiamo tornare ad essere esploratori, recuperare la curiosità. Una destinazione diventa una sorta di check una volta che la si raggiunge. L’aspettativa non è più quella di un bambino sognante che scopre un tesoro, ma piuttosto la corrispondenza con la foto o il post che si è visto.



Ritorno all’analogico: il Digital Detox
Recentemente sono stati avviati alcuni progetti volti alla ri-connessione con il mondo reale e con se stessi. Un esempio ci è dato dall’Isola di Ulko-Tammio, nel parco nazionale del Golfo di Finlandia orientale. Dal 2023 è diventata la prima destinazione turistica senza telefono al mondo. Un altro esempio, ci è fornito dal Regno Unito, dove è possibile soggiornare in casette di legno immerse nella natura prive di Wi-Fi, senza dispositivi tecnologici.
Un’altra tendenza è quella dei “Luddite Teens”, i giovani newyorkesi che hanno rinunciato alla tecnologia ed ai social media tornando all’analogico. Utilizzano cellulari a conchiglia e si ritrovano in particolari club dove è possibile partecipare ad attività come la lettura, la pittura, la scrittura, l’ascolto dei vinili, il contatto con la natura ed il dialogo. Secondo alcuni studi inoltre, la Generazione Z tenderebbe a scegliere tecnologie analogiche per documentare i propri viaggi, come ad esempio Polaroid, videocamere e macchine fotografiche a pellicola 35mm.
E voi, cosa ne pensate? Siete viaggiatori analogici o digitali?!